“Litalia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”: così inizia il primo articolo della Costituzione Italiana.
Per quello che mi riguarda, l’Italia oggi è “una Repubblica (non tanto) Democratica fondata sulla ricerca del lavoro”.
I dati dell’ ISTAT parlano chiaro: oggi il tasso dei senza lavoro tra i 15 e i 34 anni è ai massimi storici.
Il Ministro del Lavoro, Sacconi, ha detto più volte che “i giovano devono darsi da fare” e che”qualunque lavoro è meglio del non-lavoro”. Ma questo è quello che fanno già, e ciò non sta risolvendo il problema.
Le offerte di lavoro risultano sempre più scarse e di minore qualità; nonostante ciò i giovani continuano ad avere bisogno di un impiego. Così sono tanti che accettano posti che non hanno nulla a che fare con i loro percorsi di studi; tanti che lo fanno a retribuzioni sempre più basse e con contratti che offrono pochissime sicurezze; tantissimi che non riescono proprio a trovarlo un lavoro. E a ingrossare l’occupazione non qualificata sono proprio i laureati.
La storia di Steve Jobs potrebbe insegnarci qualcosa a riguardo; non sono pochi i ragazzi che si mettono in gioco, che applicano le loro risorse e capacità nelle occasioni che ogni giorno gli si presentano davanti. La storia di Steve Jobs non è che una favola a lieto (?) fine, che può rassicurare in momenti di sconforto, incoraggiare a non abbattersi, perchè la vita è piena di sorprese, ma non può essere di certo il principio base fondamentale sul quale il mondo deve basarsi. Non può essere l’unica soluzione del problema della disoccupazione e della crisi di oggi.
Se i giovani intraprendono una carriera universitaria lo fanno perchè speranzosi delle giuste ricompense dei loro sacrifici, fiduciosi di lavorare un giorno nell’ambito che più amano. I giovani non studiano per affidarsi ai casi fortuiti della vita. Sì, perchè la storia di Steve Jobs a me è apparsa non solo come quella di un giovane coni suoi sacrifici e le sue speranze ma “avvantaggiata” anche da una certa dose di fortuna.Quello che oggi i giovani si trovano di fronte è una realtà molto dura: per esempio ci si ritrova con una laurea in mano che non vale quanto i sogni che si hanno nelle tasche.
In Italia c’è anche il Sistema governativo occupazionale che scoraggia ancora di più chi, come ho elencato prima, si trova davanti a questa dura realtà.
Steve Jobs sarebbe dovuto nascere in Italia, 20 anni fa, per darci un esempio “più credibile”; in Italia, dove la speranza è “l’unica” a morire.
Si sta creando, nel nostro Paese, una miscela esplosiva, tra aumento della disoccupazione, aumento delle tasse, blocco degli investimenti pubblici e privati. Servirebbe una vera svolta nella politica economica, e quello che sta facendo il Presidente Monti non è esattamente quello che intendo.
I fatti dimostrano che nessuno sta facendo niente per i giovani. Basta miti e false promesse: un’intera generazione è stata tagliata fuori dal lavoro e si troverà a pagare il conto di una crisi sempre + dura.
Che l’Italia non abbia la bacchetta magica per risolvere tutti i problemi del sistema, si è già capito. La soluzione non dovrebbe essere quindi quella di scappare, come qualche Ministro ha affermato, magari proprio nel Paese di Steve Jobs, dove c’è una grande concentrazione di cervelli italiani tra i + eccelsi, e che ogni giorno contribuiscono al progresso di Quel Paese e non del Nostrao “Bel Paese”. Qualcosa si potrebbe fare, anzi si deve fare e al più presto.
La politica industriale è una delle prime che dovrebbe cambiare: basta strade e ponti; si deve investire nel farmaceutico, nelle cure per anziani e malati, nelle tecnologie di comunicazione, ma anche nel turismo e in tutto ciò che può aiutare l’Italia a diventare ricca. Serve una produttività molto forte che non ci metta in concorrenza con i cinesi. Ciò creerebbe un “effetto cascata” di domanda di informatici, di biologi, chimici, medici, ecc.
Penso che il Governo possa adottare interventi mirati a contrastare la recessione e ridurre la disoccupazione. É ora di voltare pagina.